Le differenze tra esseri umani e scimmie nei segnali neurali, Primatologia

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view post Posted on 24/6/2020, 10:27     Top   Dislike
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Usando una tecnica che tiene traccia dei singoli neuroni, alcuni neuroscienziati hanno scoperto per la prima volta le differenze tra il "software" del cervello degli esseri umani e quello del cervello delle scimmie.

Hanno scoperto che il cervello umano rinuncia alla "robustezza" – una misura di quanto sono sincronizzati i segnali dei neuroni – per ottenere una maggiore efficienza nell'elaborazione delle informazioni. I ricercatori ipotizzano che i risultati possano consentire di spiegare l'intelligenza unica degli esseri umani, così come la loro vulnerabilità ai disturbi psichiatrici. I risultati sono stati pubblicati su “Cell” il 17 gennaio.

I ricercatori affermano che questo insolito tipo di studio potrebbe aiutarli a tradurre meglio nella clinica la ricerca sulle malattie psichiatriche condotta su modelli animali.

La ricerca ha sfruttato una rara serie di dati sull'attività dei singoli neuroni raccolti in regioni profonde del cervello di persone con epilessia sottoposte a neurochirurgia per identificare l'origine della loro condizione. La tecnica è così complessa che solo pochi istituti in tutto il mondo può partecipare a questo tipo di ricerche. Lo studio ha anche utilizzato dati simili già disponibili per tre scimmie e raccolto informazioni sui neuroni di altre due.

Esseri umani contro scimmie
Nel corso dei decenni, i neuroscienziati hanno scoperto molte differenze sottili e significative nell'anatomia – cioè nell'hardware – del cervello degli esseri umani e di altri primati. L'ultimo studio ha esaminato invece le differenze nei segnali cerebrali.

"C'è una chiara differenza nel comportamento e nella psicologia di esseri umani e primati non umani", afferma
Mark Harnett del Massachusetts Institute of Technology, che studia come la biofisica dei neuroni influisce sulla computazione neurale. "Ora vediamo questa differenza nella biologia del cervello: è uno studio incredibilmente prezioso".

Lo studio è frutto di una collaborazione tra Rony Paz del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele, che studia le dinamiche dei circuiti neurali coinvolti nell'apprendimento dei macachi, e il neurochirurgo Itzhak Fried dell'Università della California a Los Angeles.

La ricerca di Paz si concentra su due aree cerebrali molto diverse. Una è l'amigdala, un'area evolutivamente primitiva che sovraintende alle abilità di sopravvivenza di base, come scappare da una tigre che ci viene incontro. L'altra è la corteccia cingolata, più evoluta, che elabora comportamenti cognitivi più sofisticati come l'apprendimento.

Le differenze tra esseri umani e scimmie nei segnali neurali
Studio elettroencefalografico su un soggetto con epilessia (Phanie / AGF)
Paz voleva scoprire in che modo i neuroni di queste regioni nelle scimmie potessero differire dai loro equivalenti negli esseri umani. Si è quindi rivolto a Fried, un pioniere dell'uso di tecniche di registrazione a singolo neurone su soggetti con epilessia che non rispondono al trattamento farmacologico.

Questi pazienti possono sottoporsi a un trattamento che prevede l'impianto di una serie di sottili elettrodi nel loro cervello per registrarne l'attività elettrica e quindi individuare l'origine delle loro crisi. I pazienti rimangono in ospedale fino a quando si verifica un attacco; quindi si sottopongono a un'operazione per rimuovere gli elettrodi e il tessuto cerebrale danneggiato che è la fonte dell'attività epilettica. Mentre attendono l'arrivo delle convulsioni, spesso i pazienti partecipano a semplici esperimenti che indagano le funzioni cerebrali.

Gli schemi dei primati
Paz e Fried hanno identificato dati di singoli neuroni provenienti dall'amigdala e dalla corteccia cingolata in un ampio insieme di dati raccolti da persone che avevano subito l'impianto di elettrodi vicino a queste aree come parte del trattamento e avevano partecipato a uno studio sulla memoria. Hanno confrontato due proprietà dell'attività di questi neuroni con quelle delle scimmie di Paz: robustezza ed efficienza.

Sono stati raccolti i dati da circa 750 neuroni delle due regioni cerebrali di cinque scimmie e di sette esseri umani. I dati comprendono una lunga serie di potenziali d'azione o inattività di singoli neuroni registrati per diverse ore. I ricercatori hanno ottenuto dati per le due proprietà: hanno definito la robustezza come il livello di sincronia, o di quasi sincronia, sia nell'attivazione dei neuroni sia nella frequente ripetizione di schemi simili di potenziali d'azione, e l'efficienza come l’avere più combinazioni di schemi nell'attività.

Hanno scoperto che, in entrambe le specie, i segnali nell'amigdala erano più robusti di quelli nella corteccia cingolata che invece erano più efficienti. Nell'uomo, però, tutte e due le regioni erano meno robuste e più efficienti di quelle delle scimmie, quindi gli esseri umani hanno sacrificato una certa robustezza per una maggiore efficienza.

E' una conclusione ragionevole, dice Paz. Più un segnale è robusto, meno è ambiguo o incline agli errori. "Se vedo una tigre, voglio che tutti i miei neuroni dell'amigdala gridino, 'Scappa di corsa!'" Ma nelle specie superiori, come i primati, il cervello ha sviluppato aree più flessibili – la corteccia – per consentire risposte più ponderate all'ambiente degli animali, aggiunge.

Effetti psichiatrici collaterali
Gli esseri umani hanno spinto il compromesso più in là degli altri primati. Le loro cortecce, più intelligenti ma più soggette a errori, potrebbero spiegare la loro vulnerabilità ai disturbi psichiatrici, afferma Paz.

Questa tesi è in sintonia con altre teorie neuropsicologiche secondo cui la sincronizzazione dell'attività neuronale nel cervello potrebbe essere correlata con la psicosi o la depressione, spiega il neuroscienziato ed esperto di processi cognitivi Robert Knight, dell'Università della California a Berkeley. "Questa linea di ricerca è molto importante, perché la maggior parte degli studi di neuroscienze è condotta su animali, nell'ipotesi che il modello centrale dell'attività neuronale si mantenga tra le specie, fino agli esseri umani", dice.

L'ipotesi dei ricercatori sul compromesso tra robustezza ed efficienza è importante e dev’essere approfondita in ulteriori studi, afferma il neuroscienziato Christopher Petkov della Newcastle University, nel Regno Unito. I confronti diretti tra le serie di dati sulle scimmie e sugli esseri umani sono impegnativi perché è difficile sapere se le due specie si trovavano in stati mentali simili quando i dati sono stati raccolti, osserva, ma sono "immensamente preziosi".

Paz pensa che i lunghi tempi di registrazione nel suo attuale studio potrebbero aver appiattito qualsiasi differenza negli stati mentali, ma sta progettando nuovi studi che prenderanno dati dai neuroni mentre scimmie ed esseri umani svolgono compiti simili che potrebbero evidenziare un particolare stato mentale, per esempio l'ansia.

Organizzare studi sui cervelli umani è una vera sfida a causa del basso numero di persone nel mondo che possono partecipare. Nei soggetti con epilessia, i chirurghi collocano gli elettrodi solo nelle aree del cervello vicine a dove credono che abbiano origine le convulsioni, e queste aree potrebbero non essere interessanti per la ricerca. Fried afferma che, ogni anno, solo 10-15 pazienti nella sua clinica prendono parte agli studi. I più idonei sono desiderosi di essere coinvolti perché "l'attesa in ospedale è noiosa e sono interessati a saperne di più sul proprio cervello", osserva Fried.

I National Institutes of Health degli Stati Uniti hanno una linea di finanziamento destinata a questi studi neurochirurgici, e supportano anche studi sull'etica degli esperimenti all'interno del cervello umano quando la salute e il benessere dei soggetti non sono necessariamente compromessi. Ma i risultati delle registrazioni di singoli neuroni nelle persone con epilessia sono importanti anche per aiutare gli scienziati a comprendere quella patologia, afferma l'epilettologo Andreas Schulze-Bonhage dell'Università di Friburgo, in Germania, che studia in che modo la cognizione può essere compromessa nei pazienti con epilessia. "Più comprendiamo il cervello umano in generale, più opzioni avremo per la cura".
 
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